Banche e crediti Npl, tra cessione e gestione in-house

Secondo le più recenti stime di mercato nel 2022 è previsto un nuovo aumento di stock di NPL nei bilanci delle banche.

Ma nella prospettiva di una migliore gestione futura del problema è interessante analizzare l’andamento del ciclo di accumulo/smaltimento dei crediti deteriorati del periodo post crisi finanziaria internazionale. Dopo un periodo durato 8 anni in cui la curva di crescita di Npl ha raggiunto livelli record, il punto di svolta nel ciclo si registra nel 2017, anno in cui la BCE impone, con la pubblicazione di specifiche linee guida, un cambio di passo nella gestione degli NPL privilegiando una rapida cessione sul mercato delle sofferenze rispetto alla gestione in-house. Cambiamento seguito anche dal Governo italiano che ha di fatto aggiornato il periodo di ammortamento di una perdita di crediti da 18 anni a 1 anno. In altri termini, riconosciuta una sofferenza, la banca poteva dedurre fiscalmente la perdita (in gergo tecnico la “spesa in bilancio”) in un solo anno conseguendo crediti fiscali (quindi minor gettito per l’erario). I risultati di questi incentivi non si sono fatti attendere: la prassi di cessione dei NPL a terzi che prima del 2009 riguardava appena il 5% del totale delle posizioni chiuse nel corso dell’anno passa – in due step distinti – prima al 40% circa nel 2015-2016 e poi dal 2017 all’80%. Questo approccio di pulitura dei bilanci bancari si è rivelato rapido ed efficiente ma non privo di costi significativi per le banche e per l’intero sistema economico. Come dimostrato dai dati storici, la cessione a terzi di un credito ha una capacità di resistere sul mercato e ritornare in bonis ben inferiore ad un credito gestito in-house. A questo si aggiunge che la strategia di cessione implica dei costi per l’erario in termini di mancati introiti fiscali. Quale strategia alternativa quindi per affrontare la prossima crisi? L’approfondimento su IlSole24Ore: https://lnkd.in/dxmsAnsV

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