Le GACS: strumento nato per facilitare le cessioni, quali sviluppi futuri?

Come da tanti auspicato, è stato prorogato l’utilizzo dello strumento della garanzia pubblica sulle cartolarizzazioni di crediti deteriorati (GACS).

Approvato nel febbraio 2016 e prolungato nel maggio 2019, ora sarà valido fino al 14 giugno 2022.

Se da un lato lo strumento GACS ha permesso di ridurre o comunque attenuare il problema degli Npl nei bilanci delle banche italiane, dall’altro è ormai stato dichiarato da più fonti che la maggior parte dei recuperi di portafogli con GACS vanno peggio di quanto previsto il che, date le dimensioni dei portafogli ceduti, non è certo un dato da sottovalutare. Addirittura, secondo l’ultimo Market Watch di Banca Ifis del Gennaio 2021 a eccezione di due, tutti gli altri portafogli GACS hanno subito un calo delle performance.

BRS Morningstar, invece, analizzando le performance su un totale di 22 operazioni di cartolarizzazione di NPL con GACS, valutate tra il 2016 e la prima metà del 2020, ha calcolato che, ad oggi, i servicer di 21 di quelle operazioni hanno modificato i business plan di recupero, prevedendo un calo dell’ammontare dei recuperi lordi rispetto ai business plan originari fino al 20,4%.

La GACS prevede l’intervento dello Stato, e più precisamente del MEF, a garanzia del rimborso delle note senior in operazioni di cartolarizzazione di crediti classificati a sofferenza. Il rischio principale di una GACS, dunque, è che gli incassi del portafoglio siano inferiori al business plan iniziale. Questo vuol dire che i titoli potranno essere rimborsati parzialmente e pertanto, le casse dello Stato e quindi dei contribuenti, già gravate da un debito pubblico elevato, potrebbero patire colpi da centinaia di miliardi di euro. Questo l’allarme principale, ma non solo, dello strumento delle GACS.

Secondo Clemente Reale, che guida in Italia Hoist Finance, le garanzie pubbliche sulle cartolarizzazioni “preoccupano, ci può essere un rischio per lo Stato” visto che “i prezzi sono stati troppo alti e le curve di recupero sono sottoperformanti”. L’utilizzo delle GACS, infatti, ha anche influito sui prezzi delle operazioni di cessione. Sempre secondo Banca Ifis, le operazioni con GACS hanno contribuito al rialzo del prezzo medio delle operazioni sui portafogli Npl secured al 36% (dal 27% del 2019) e del prezzo medio dei portafogli misti secured e unsecured al 30% (dal 24%). “I tempi non sono semplici, a causa della pandemia che ha allungato i tempi di recupero, e ora “anche gli investitori professionali stanno perdendo i loro soldi: se li perde lo Stato li perdono anche loro”.

In un’intervista rilasciata a “Republica” da Raffaele Mazzeo, Partner presso RSM Italy, si legge: “Con le GACS il mercato è decollato, sono scesi in campo grandi investitori e servicer attrezzati ma ormai mi pare sicuro che molte operazioni non andranno a buon fine: i prezzi iniziali erano troppo alti, le curve di recupero inadeguate, i tribunali restano lenti, la congiuntura fiacca penalizza”.

Tra le possibili cause dell’andamento non soddisfacente delle GACS, oltre la pandemia e la lentezza del recupero giudiziale, c’è la sproporzione tra volumi gestiti e capacità oggettiva di gestione dei servicer chiamati in causa in questo tipo di operazioni, che ad oggi sono solo 7!

Come osserva anche l’Avv. Dino Crivellari di Master Legal Service, quello che stupisce è che nessuno, quando le GACS sono state ripetutamente prorogate, si sia preoccupato del fatto che trasferire quasi 200 miliardi di Npls dalle banche ai servicer nel giro di pochi anni avrebbe potuto comportare il rischio di perdita di efficienza nell’industria del recupero dei crediti. In questi anni, le cessioni massive hanno costretto i servicer a crescere dimensionalmente e tecnologicamente in tempi molto brevi che, probabilmente, non hanno consentito di testare adeguatamente i modelli organizzativi e di selezionare risorse con le competenze necessarie.

Le GACS hanno quindi contribuito a creare un’industria vera e propria per la gestione del credito plasmata per la gestione di grandi masse di volumi con un approccio standardizzato.

Nella lavorazione delle posizioni con GACS con sottostante immobiliare, proprio a causa dell’elevato carico di posizioni in gestione, la tendenza è il recupero a mezzo aste giudiziarie piuttosto che cercare soluzioni “tailor made”, atte a riportare in bonis il debitore o in alternativa cercare soluzioni capaci di creare maggior valore al sottostante immobiliare, riattivando in tal modo anche il tessuto economico circostante l’azienda in sofferenza.

Questa condizione di lavorazioni “massive” e indifferenziate, si sta trasformando in una specie di “rete/paracadute” che non spinge a trovare nuovi modelli maggiormente efficaci a livello di profitti per gli investitori e con ricadute positive anche a livello sociale.

A tutto ciò si aggiunga che, la gestione del recupero dei crediti bancari, è una procedura complessa che incontra varie difficoltà: partendo dalla qualità delle informazioni e dei dati trasferiti dall’originator al servicer; all’avvicendarsi dei legali sulla stessa pratica con ripercussioni anche sulla durata delle procedure già di per sé di non breve durata; alla tendenza dei grandi servicer di gestire massivamente i crediti.

Ben vengano dunque, a garanzia dello Stato e di tutti i contribuenti, gli annunciati controlli di Banca d’Italia sull’operato dei servicer che hanno in gestione questi crediti.

Nel contempo si auspica, un migliore utilizzo dello strumento GACS, forse anche una progressiva riduzione nel suo utilizzo per stimolare il mercato della gestione del credito verso un’evoluzione necessaria che non può prescindere dalle competenze specifiche di settore (del debitore) e da nuovi modelli operativi.

 

 

 

 

 

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